Segni da decifrare

Nel Nel periodo liturgico, appena trascorso, abbiamo contemplato, con gioia, il Verbo fattosi carne. Assumendo la natura umana Egli si è fatto (mi permettete il termine) “socio” della azienda umana che stava fallendo. Se Egli, generato e non creato, della stessa sostanza del Padre, è Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, e se al fiume Giordano su di Lui è sceso, come una colomba, lo Spirito Santo, e vi rimane, allora la sua Parola, il suo Esempio, la sua Vita hanno una “pretesa” divina su di noi. La fede in Lui non si esprime nel fermarsi a contemplare ciò che noi dobbiamo fare, ma nel contemplare e nel comprendere ciò che Dio ha fatto e sta facendo per noi. A Giovanni Battista vien detto di battezzare non per santificare l’acqua, ma perché venisse manifestata la gloria del Signore ad Israele. Ci sono allora segni da decifrare. Lo Spirito anche oggi scende su di noi, ma scende anche “su chi non è dei nostri”. Egli non fa preferenze di persone, i “semina Verbi” sono sparsi nel mondo; la Chiesa non dà la salvezza ma chiama alla salvezza, e se diviene trasparenza di Cristo sarà suo vivo segno; se la Chiesa sarà laboratorio di umanità, evidenzierà, per questo impegno, che Cristo continua a far risorgere; se le celebrazioni evidenzieranno che l’unico mediatore e radunatore delle comunità è Cristo, si comprenderà che esse sono il momento più alto della vita liturgica; se la Chiesa è vero corpo formato da molte membra, arricchite di doni diversi per l’utilità comune, sarà segno e sacramento di salvezza e non apparirà di essere segno di corporazioni acefale. Diceva Bernanos: “non importa sapere se Dio è nelle nostre mani, ma quel che voi ne avete fatto”. Se viviamo concretamente questi segni della sua presenza, e gli uomini li vedranno, allora insieme, credenti e non credenti, con coraggio, professeremo che Egli è il Figlio di Dio.    

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