Riflessione sulla III Domenica 21 gennaio 2018
Nella liturgia di questa domenica c’è un dato oggettivo e un dato soggettivo. “Ancora 40 giorni…”, dice il profeta Giona; “il tempo si è fatto breve…”, dice l’apostolo Paolo ; “il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino…” dice Gesù. E’ il dato oggettivo. Ed ecco l’invito che ci viene rivolto: credere in Dio…; vivere come se non… convertirsi e credere al vangelo. E’ il dato soggettivo. Cosa fare allora?. Non si può più rimanere insensibili, superficiali, inerti. Bisogna prendere posizione, bisogna sapere scegliere. Se Dio si è fatto vicino in Cristo, vero Uomo e vero Dio, non si può vivere come se nulla fosse successo. Nel dare spazio alla sua presenza e all’accoglienza del suo vangelo si anticipa e pregusta il nuovo mondo, il “non ancora”. E questa scelta non è disprezzo del mondo esistente, ma effettiva ed efficace immersione nella storia per cambiarla dal di dentro cambiando il cuore e cioè il modo di pensare, di vedere e di agire. Norma e vita sarà la persona di Gesù che è passato in mezzo a noi facendo sempre del bene. Il suo bene è consistito nell’aver vissuto intensamente la sua relazione filiale con Dio- Padre dicendo “sia fatta la tua volontà” e nell’essersi inserito tra gli uomini creando relazioni nuove e sapienziali e con il considerare l’uno non più nemico dell’altro, ma l’uno fratello dell’altro. L’attesa del mondo nuovo non è attesa inerte ma viva e attiva, non è disinteressamento della politica ma amore attivo e servizio gioioso umanizzandola sempre di più nel rispetto dei diritti inviolabili riguardanti la persona umana. Nell’attesa del “non ancora” , in questo nostro “già” operiamo attivamente come chicchi di grano immersi nella storia consapevoli che le potenzialità espresse sono portatrici di speranza e vita nuova, e come sale che rende saporite le relazioni familiari, sociali eliminando lo stantio e l’abitudinarietà. Il cristianesimo non è disprezzo del mondo ma è invadenza del spirito evangelico nella storia per renderla maggiormente vivibile e umanizzata. Per questo Cristo, Uomo-Dio, continua a scegliere i suoi discepoli per rimanere con Lui, per formali e per mandarli a debellare il male opera del maligno. Se ci sentiamo subito chiamati da lui rispondiamo subito. C’è un “subito” di chiamata ma c’è un “subito” di risposta. Non tergiversiamo ancora, vanificheremmo il nostro stare “quì”, con la consapevolezza che l’inerzia è inizio di apatia e di morte, mentre la risposta è annunzio di vita e di gioia.
P. Aurelio Biundo